Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un aumento delle intolleranze alimentari, dovuto anche ad una maggiore attenzione rivolta a quello che mangiamo. L’alimentazione è infatti diventata uno dei principali strumenti di prevenzione di molte malattie e di conseguenza sono aumentate anche le tecniche diagnostiche.
Ad oggi sono noti diversi test in grado di identificare la presenza di intolleranze alimentari, ma quali di questi sono davvero validi?
Allergia o intolleranza alimentare?
Non tutti sanno che allergia ed intolleranza sono due cose molto diverse. Entrambe sono reazioni avverse ad un alimento o ad una sua componente ma, mentre l’allergia prevede l’intervento del sistema immunitario, l’intolleranza normalmente non coinvolge gli anticorpi.
L’intolleranza, come suggerisce il nome stesso, si ha quando il corpo mal tollera un alimento che di conseguenza è causa di una reazione avversa “tossica”.
Quante intolleranze esistono?
Esistono diversi tipi di intolleranza che determinano reazioni più o meno gravi in seguito al consumo di diversi alimenti.
Si può essere intolleranti a diversi cibi o componenti come ad esempio al latte, al lievito, all’uovo, al grano, agli zuccheri e perfino agli additivi alimentari.
Nella maggior parte dei casi le intolleranze sono determinate da un deficit enzimatico, ovvero dalla mancata o insufficiente produzione da parte del corpo delle proteine necessarie per la digestione di una componente di questi cibi.
Quali sono i test delle intolleranze alimentari?
I test per la determinazione delle intolleranze alimentari sono diversi e variano a seconda del tipo di intolleranza ricercata.
Il test che viene utilizzato più frequentemente, ad esempio per la ricerca di intolleranze a lieviti, glutine e istamina, consiste in un semplice prelievo sanguigno che deve essere fatto a digiuno.
Per individuare l’intolleranza al lattosio invece, si usa invece il breath test, un esame non invasivo che si effettua soffiando in un tubicino. Questo test richiede una preparazione leggermente più complessa rispetto al semplice digiuno richiesto per il prelievo sanguigno. Non bisogna infatti assumere antibiotici o enzimi digestivi nei dieci giorni antecedenti il test e non bisogna consumare lattosio e latticini nelle 24 ore che lo precedono.
L’intolleranza a glutine e lattosio può essere anche determinata da un’analisi genetica. Questa metodologia, seppur decisamente più costosa rispetto alle altre citate, è quella sicuramente più affidabile.
Quando fare un test delle intolleranze alimentari?
Generalmente, il motivo che porta un soggetto a sospettare di un’intolleranza è la presenza di fastidiosi disturbi che insorgono in seguito al consumo di alcuni cibi. Il più delle volte questi riguardano disturbi gastrointestinali, mal di testa e gonfiore addominale.
La prima cosa da fare è rivolgersi ad uno specialista. Sulla base dei disturbi riferiti e dopo aver escluso la possibilità di patologie gravi, lo specialista saprà indicare il test più adatto per la determinazione di un’eventuale intolleranza alimentare.
E dopo il test?
Una volta accertata la presenza di un’intolleranza, la via da percorrere è quella di escludere dalla dieta quotidiana gli alimenti a cui si è intolleranti. Per non rischiare di incorrere in carenze nutrizionali a seguito all’eliminazione di determinati cibi, è sempre necessario farsi seguire da uno specialista.
Autore
Dott.ssa Giulia Aliboni – Biologo Nutrizionista
Laurea triennale in Biologia presso Università di Pisa nel 2018 e Laurea Magistrale in Alimentazione e Nutrizione Umana presso Università Statale di Milano nel 2020. Esperta in nutrizione personalizzata, disbiosi intestinale ed intolleranze alimentari. Socio Sinseb (Società Italiana Nutrizione Sport e Benessere).